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Acquista il libro Diritto e COVID-19


L’irruzione di un virus invisibile e oscuro ha avuto un impatto straordinario in tutte le branche ordinamentali. Dal diritto civile al diritto penale, dal diritto amministrativo a quello tributario e contabile, passando attraverso il diritto processuale e quello sportivo, senza dimenticare il diritto sovranazionale, nessuna disciplina può dirsi immune agli effetti della pandemia da Covid-19.

Che conseguenze ha portato il Covid-19 nel nostro ordinamento? Il diritto del futuro sarà lo stesso, cambierà o è già in atto il cambiamento?  La frenetica normativa esplosa in questi tempi è solo "diritto dell’urgenza", destinato ad estinguersi con il cessare del momento di crisi o darà lo spunto per una definitiva metamorfosi dell’ordinamento giuridico?

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09/07/2020
Impignorabilità dei beni delle aziende sanitarie


argomento: Diritto Processuale Civile

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di Riccardo Sabato - Magistrato ordinario. Nel 2015 ha conseguito il “Diplôme de droit comparé” della “Faculté internationale de droit comparé” di Strasburgo, I ciclo. È autore di pubblicazioni in nelle materie civilistiche, con precipuo riferimento alla tematica della buona fede.

SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Profili di criticità. - 3. La giurisprudenza sull’impignorabilità - 4. Conclusioni.

1. Premessa.

L’art. 117[1] del c.d. decreto-legge “Rilancio”[2] (al momento in cui si scrive non ancora convertito), rubricato "Disposizioni in materia di anticipo del finanziamento sanitario corrente e di pagamento dei debiti degli enti sanitari", dispone al comma 4[3] che «al fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID- 19 nonché per assicurare al Servizio sanitario nazionale la liquidità[4] necessaria allo svolgimento delle attività legate alla citata emergenza, compreso un tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive. I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del proprio Servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del Servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per le finalità dei predetti enti[5] legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e al pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo. Le disposizioni del presente comma si applicano fino al 31 dicembre 2020».

In sostanza, «per agevolare una regolare programmazione e gestione amministrativa e contabile dei pagamenti»[6], si prevede una sospensione totale, seppure temporalmente limitata (dal 19 maggio al 31 dicembre 2020), di tutte le azioni esecutive nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all’art. 19, co. 2 lett. c) [7] del d.lgs. del 23 giugno 2011, n. 118[8] (aziende sanitarie locali; aziende ospedaliere; istituti di ricovero e cura, aziende ospedaliere universitarie).

2. Profili di criticità.

La norma, pur se di recentissima introduzione e destinata a spiegare i propri effetti per un lasso temporale limitato, è stata rapidamente messa al centro di numerose e serrate critiche[9].

In particolare, si teme un possibile abuso dello strumento da parte delle strutture sanitarie, con i conseguenti effetti negativi, indiretti ed imprevedibili, che ne possono derivare, connessi all’impossibilità per i terzi di avere garanzia dell’adempimento dei propri crediti presenti o futuri mediante lo strumento della tutela esecutiva residuando l’unica speranza di uno spontaneo adempimento da parte delle stesse.

I soggetti che verrebbero maggiormente incisi in modo negativo dalla suddetta disposizione vengono individuati:

  1. nei medici stessi, che non potrebbero agire giudizialmente per le proprie eventuali pretese connesse all’esposizione al COVID-19, ovvero, se inquadrati in un regime di convenzione con le aziende sanitarie, configurante un rapporto di lavoro privatistico parasubordinato[10]. Inoltre, dalla novella in analisi potrebbe discendere il rischio per i sanitari di essere citati sistematicamente in giudizio dai loro pazienti, mossi dalla speranza di “scovare” beni esecutabili, pur nella consapevolezza che i medici, alla luce delle recenti riforme, rispondono del proprio operato solo in via aquiliana. Ciò comporterebbe il ritorno ad un atteggiamento di medicina difensiva contrario all’intentiolegisdelle recenti riforme in materia (cfr. leggi cc.dd. Balduzzi e Gelli-Bianco[11]);
  2. nelle imprese fornitrici di beni e servizi, per le quali, alla situazione di crisi derivante dalla chiusura delle attività a causa del “lockdown”, va ad aggiungersi l’impossibilità pratica di agire per la riscossione verso gli enti ospedalieri;
  3. nei pazienti che, unitamente ai medici, rischiano, da un lato, per la possibile interruzione delle forniture di attrezzature mediche, essenziali alle cure, ad opera delle imprese e, dall’altro, non potrebbero tutelarsi grazie alla più favorevole responsabilità contrattuale delle strutture con il rischio, di cui sopra, di “ripiegare” verso la tutela extracontrattuale nei confronti dei medici.

 

3. La giurisprudenza sull’ impignorabilità.

La Corte costituzionale è intervenuta più volte sull'impignorabilità dei crediti nei confronti degli enti sanitari ritenendo in primis incostituzionale l'art. 1, co. 5,  del decreto legge 18 gennaio 1993, n. 9 (convertito nella legge del 18 marzo 1993, n. 67)[12], nella parte in cui attribuiva efficacia nei confronti dei terzi creditori ai bilanci e agli atti amministrativi interni di programmazione delle USL, vincolanti somme o fondi al pagamento delle retribuzioni del personale e all'erogazione dei servizi sanitari, trattandosi di «previsioni presuntive delle somme di denaro occorrenti, che vengono così sottratte all'esecuzione forzata senza bisogno di esibizione di ordini specifici di pagamento e di relativi mandati in data anteriore all'atto introduttivo del processo esecutivo»; essendo, invece, necessaria una delibera che “quantifichi preventivamente gli importi delle somme”, come anche “l’inesistenza di pagamenti c.d. preferenziali e cioè effettuati da tali enti senza l'osservanza di un determinato ordine cronologico”[13] [14].

Le deroghe alla disciplina legislativa ordinaria, al contrario, sono ammissibili qualora siano finalizzate a predisporre un’ordinata liquidazione concorsuale[15], come quella prevista dal decreto-legge, 1° ottobre 1999, n. 341 (convertito con modificazioni, dalla legge del 3 dicembre 1999, n. 453) per il dissesto dell'azienda universitaria Policlinico Umberto I di Roma.

Diversamente, è  stata considerata incostituzionale la previsione di cui all’art. 7-quater del d.l. 31 gennaio 2005, n. 7, la quale prevedeva l'inefficacia, nei confronti della summenzionata azienda, dei decreti ingiuntivi e delle sentenze divenuti esecutivi dopo l'entrata in vigore del suddetto d.l. e l'inefficacia dei pignoramenti e l'estinzione dei giudizi di ottemperanza, «facendo confluire anche i creditori di questo nell'ambito della procedura concorsuale instaurata per i crediti fondati su titoli emessi nei confronti della cessata azienda universitaria»[16].

La legge del 23 dicembre 2009, n. 191, la legge del 30 luglio 2010, n. 122, così come anche l’art 1, co. 51 della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011)[17] hanno, poi, stabilito un divieto temporaneo di esercizio o di proseguimento delle azioni esecutive nei confronti degli enti del Servizio Sanitario, al pari di quello attualmente sancito dall’art. 117 del d.l. “Rilancio”.

Quest’ultimo, nello specifico, ha sospeso, per un triennio, le procedure nelle Regioni commissariate e sotto piano di rientro, quale ad es. la Campania, e dai cui Tribunali, sia di merito, sia amministrativi, è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale.

La Corte costituzionale, con sentenza del 12 luglio 2013, n. 186, ha dichiarato incostituzionale il citato art. 51, come modificato dalla legge dell’8 novembre 2012, n. 189, perché con tale disposizione «il legislatore statale ha creato una fattispecie di ius singulare che determina lo sbilanciamento tra le due posizioni in gioco, esentando quella pubblica, di cui lo Stato risponde economicamente, dagli effetti pregiudizievoli della condanna giudiziaria, con violazione del principio della parità delle parti» (art. 111 Cost.).

4. Conclusioni.

In relazione all’analisi della sospensione delle procedure connessa all’epidemia del COVID- 19, è opportuno sottolineare che la Consulta, nella recente sentenza del 2013, abbia precisato, anzitutto, che non si può “giustificare l’intervento legislativo censurato dal fatto che questo possa essere ritenuto strumentale ad assicurare la continuità della erogazione delle funzioni essenziali connesse al servizio sanitario: infatti, a presidio di tale essenziale esigenza già risulta da tempo essere posta la previsione di cui all’art. 1, comma 5, del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria e socio assistenziale), convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67, in base alla quale è assicurata la impignorabilità dei fondi a destinazione vincolata essenziali ai fini della erogazione dei servizi sanitari”. Ancora, riassumendo la propria giurisprudenza in merito,  i giudici costituzionali hanno sottolineato “che un intervento legislativo − che di fatto svuoti di contenuto i titoli esecutivi giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto debitore − può ritenersi giustificato da particolari esigenze transitorie qualora, per un verso, siffatto svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale” (sentenze 28 maggio 2004, n. 155 e 7 ottobre 2003, n. 310) “e, per altro verso, le disposizioni di carattere processuale che incidono sui giudizi pendenti, determinandone l’estinzione, siano controbilanciate da disposizioni di carattere sostanziale che, a loro volta, garantiscano, anche per altra via che non sia quella della esecuzione giudiziale, la sostanziale realizzazione dei diritti oggetto delle procedure estinte” (sentenze 12 dicembre 2012, n. 277 e 7 novembre 2007 n. 364).

In virtù dei criteri indicati, la sospensione temporanea è destinata, a parere di scrive, a superare indenne (come già accaduto per le leggi nn. 191/2009 e 122/2010), eventuali questioni di costituzionalità, limitandosi almeno nella sua formulazione attuale, a prevedere una sospensione delle procedure, senza estinzione di quelle in corso, congruamente limitata nel tempo (si tratta, a ben vedere, solo di alcuni si e non di anni come nelle precedenti disposizioni normative). Permangono dubbi esclusivamente in relazione al profilo a), ossia dell’opportunità della sospensione vista la già generalizzata impignorabilità dei fondi a destinazione vincolata essenziali ai fini della erogazione dei servizi sanitari previsione di cui all’art. 1, comma 5, del d.l. 18 gennaio 1993, n. 9, la quale, però, nella passata giurisprudenza della Corte costituzionale non ha ricoperto una portata principale ed è limitato ad eventuali dubbi circa l’operatività delle funzioni essenziali del servizio sanitario, che in tal caso non vengono espressamene in rilievo. Resta da vedere se il termine non verrà prorogato o la previsione modificata in sede di conversione o con successive leggi, situazione non peregrina considerato il “diluvio” normativo che caratterizza questa fase emergenziale.

 

NOTE

[1] V. sul punto anche nota 1 del Capitolo 12, L’incidenza della normativa emergenziale sul processo esecutivo, a cura di A. AULETTA dell’Opera cartacea di “Diritto e Covid -19”, in cui si evidenzia l’utilizzo di una tecnica di protezione delle risorse finanziarie, già nota all’ordinamento, la quale contempla alcune cause speciali di impignorabilità delle risorse destinate al soddisfacimento di finalità (ritenute) essenziali; cfr., altresì, per un’analisi dell’art. 117 e della questione relativa al regime dell’ eventuale riassunzione, ID., “L’esecuzione forzata contro la pubblica amministrazione”, Milano, 2020, p. 112 ss.

[2] D.l. 19 maggio 2020, n. 34, recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19”, pubblicato nella G.U. del 19 maggio 2020, n. 128, S.O. In vigore dal 19 maggio 2020.

[3] L’articolo, in generale, introduce “una serie di disposizioni che hanno lo scopo di incrementare la liquidità disponibile presso gli enti sanitari allo scopo di favorire una corretta e tempestiva gestione dei pagamenti in un momento di particolare emergenza quale è quello derivante dal COVID-19 …”, sistematicamente, “il comma 1 è diretto a rendere disponibili alle regioni e agli enti sanitari risorse a titolo di finanziamento…. Per garantire, poi, che l’anticipazione dell’erogazione dei finanziamenti di cui al comma 1 si concretizzi in maggior liquidità per gli enti del Servizio sanitario nazionale, il comma 3 obbliga le regioni a trasferire ai propri enti sanitari il 100 per cento delle somme incassate nell’anno 2020 a titolo di finanziamento sanitario, nonché delle somme che le regioni devono versare ai propri enti sanitari a valere sulle proprie risorse. Inoltre, il comma 4, per agevolare una regolare programmazione e gestione amministrativa e contabile dei pagamenti, introduce una sospensione temporanea delle azioni esecutive nei confronti degli enti sanitari fino al 31 dicembre 2020. I commi 5 e seguenti prevedono le modalità, la tempistica e le procedure per la concessione di anticipazioni di liquidità in favore delle regioni e delle province autonome i cui enti sanitari non riescano a far fronte ai pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2019 e relativi a somministrazioni, forniture, appalti, prestazioni professionali, nei limiti dell’importo di cui all’articolo 1” (v. la relativa relazione illustrativa, p. 79).

[4] A tale scopo, in base alla legge, “vengono messe a disposizione di Regioni ed Enti sanitari, nelle more del perfezionamento dei procedimenti amministrativi previsti in materia, risorse finanziarie per l’anno corrente e, per taluni anni precedenti, in via anticipata. Per garantire che l’anticipazione dell’erogazione dei finanziamenti in esame si traduca in una maggiore liquidità per gli Enti finanziati si prevede l’obbligo, per le Regioni, di trasferire a questi ultimi la totalità delle risorse incassate, per l’anno 2020, a titolo di finanziamento sanitario” A. AULETTA, L’esecuzione forzata contro la pubblica amministrazioneop. cit., p. 112 ss.).

[5] Il riferimento invero alquanto vago alle "finalità dei suddetti enti legate alla gestione dell'emergenza sanitaria" pare, allo scrivente, doversi leggere in senso volutamente ampio, come non limitate alla sola gestione delle misure salva-vita ovvero alle sole prestazioni sanitarie. Queste infatti possono essere considerate serenamente come “finalità dell’ente”, denominato “sanitario” per l ’appunto, anche solo alla luce dell’art. 1 23 dicembre 1978, n. 833 sull’"Istituzione del servizio sanitario nazionale", legge che si apre proprio con la finalità di “promozione, mantenimento e recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione”. Si ritiene invece vadano estese anche alla sicurezza del personale medico-sanitario e dei pazienti contro gli effetti della pandemia ed a finalità di prevenzione dal contagio coerentemente peraltro con la successiva dizione di “pagamento dei debiti” che può essere letto con riferimento all’acquisto di attrezzature ad hoc per la prevenzione. Trattasi peraltro di tecnica normativa non nuova all’ordinamento che spesso fa riferimento alle finalità della legge o dell’ente (ex multis, art. 5 della l. 24 febbraio 1992, n. 225; art. 1 d.l. 15 ottobre 2013, n. 120; art. 1, comma 800, l. 28 dicembre 2015, n. 208; art. 5 art. 62 d.P.C.M. 22 novembre 2016).

[6] Così la relazione governativa illustrativa cit. Giova ricordare che la Corte costituzionale del 23 aprile 1998, n. 142, chiamata  a decidere della questione di legittimità costituzionale dell’art. 14 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1997, n. 30, norma che, per i crediti vantati nei confronti delle amministrazioni dello Stato ed enti pubblici non economici, pone un termine derogatorio di centoventi giorni  fra la notifica del titolo esecutivo e quella relativa al  precetto, si è espressa a favore della compatibilità alla Costituzione di una disciplina derogatoria dei principi generali se volta ad “una ordinata gestione delle risorse finanziarie pubbliche” , che, come nel caso dell’art. 14, fornisca alla p.a. “uno spatium adimplendi per l'approntamento dei mezzi finanziari occorrenti”

[7] Per maggiore completezza si riporta il testo dell’art. 19 il quale prevede che “Le disposizioni del presente titolo, che costituiscono principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione e sono finalizzate alla tutela dell'unità economica della Repubblica italiana, ai sensi dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, al fine di garantire che gli enti coinvolti nella gestione della spesa finanziata con le risorse destinate al Servizio sanitario nazionale concorrano al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica sulla base di principi di armonizzazione dei sistemi contabili e dei bilanci, sono dirette a disciplinare le modalità di redazione e di consolidamento dei bilanci da parte dei predetti enti, nonché a dettare i principi contabili cui devono attenersi gli stessi per l'attuazione delle disposizioni ivi contenute (comma 1). Gli enti destinatari delle disposizioni del presente titolo sono: a) le regioni, per la parte del bilancio regionale che riguarda il finanziamento e la spesa del relativo servizio sanitario, rilevata attraverso scritture di contabilità finanziaria; b) le regioni: i) per la parte del finanziamento del servizio sanitario, regionale direttamente gestito, rilevata attraverso scritture di contabilità economico-patrimoniale, qualora le singole regioni esercitino la scelta di gestire direttamente presso la regione una quota del finanziamento del proprio servizio sanitario, d'ora in poi denominata gestione sanitaria accentrata presso la regione; ii) per il consolidamento dei conti degli enti sanitari di cui alla lettera c) e, ove presente ai sensi del punto i), della gestione sanitaria accentrata presso la regione; c) aziende sanitarie locali; aziende ospedaliere; istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici, anche se trasformati in fondazioni; aziende ospedaliere universitarie integrate con il Servizio sanitario nazionale; d) istituti zooprofilattici di cui al decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 270 (comma 2)”.

[8] D. lgs. 23 giugno 2011, n. 118, recante “Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42”, pubblicato nella G.U. del 26 luglio 2011, n. 172.

[9] Al riguardo, una risoluzione del Consiglio dell’Ordine dei medici di Milano ha definito la norma come uno «scudo indebito alle aziende sanitarie contro i camici bianchi ed i cittadini… le aziende sanitarie saranno le uniche a decidere quali debitori privilegiare nei pagamenti, non avendo più lo spauracchio del decreto ingiuntivo». Del resto, il procedimento di esecuzione rappresenta un “meccanismo” necessario a “tradurre in atto la potenzialità contenuta nella sentenza” (G. VERDE, Diritto processuale civile, Bologna, vol. 1, Bologna, 2010), senza il quale il delicato sistema della responsabilità in civile in sostanza crolla su sé stesso.

[10] Cass., sezioni Unite, 15 maggio 1984, n. 2955, in Foro It., 1986, I, 955/956-973/974. Con inapplicabilità delle disposizioni che presuppongono la riconduzione al pubblico impiego (Cass., sezione lavoro, sentenza 13 gennaio 2004, n. 10168; Cass., sezione lavoro, sentenza 10 ottobre 1992, n. 11057).

[11] Rispettivamente decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012, n. 189 e legge 8 marzo 2017, n. 24

[12] Con sentenza del 19 giugno 1995, n. 285.

[13] Così, più chiaramente, Corte cost., sentenza 4 giugno 2003, n. 211 con riferimento all’art. 159 del TUEL che riproduceva il testo dell'art. 113, d.lgs. n. 77 del 1995, analogamente dichiarato costituzionalmente illegittimo con pronuncia del 20 marzo 1998, n. 69.

[14] L’art. 35, comma 8, lett. b), del decreto legge 24 aprile 2014, n. convertito con modificazioni dalla L. 23 giugno 2014, n. 89, ha inserito, nel tessuto dell’art. 1 del d.l. 18 gennaio 1993, n. 9 il comma 5-bis, che prevede che: «la deliberazione di cui al comma 5 è comunicata, a mezzo di posta elettronica certificata, all’istituto cui è affidato il servizio di tesoreria o cassa contestualmente alla sua adozione. Al fine di garantire l’espletamento delle finalità di cui al comma 5, dalla data della predetta comunicazione il tesoriere è obbligato a rendere immediatamente disponibili le somme di spettanza dell’ente indicate nella deliberazione, anche in caso di notifica di pignoramento o di pendenza di procedura esecutiva nei confronti dell’ente, senza necessità di previa pronuncia giurisdizionale. Dalla data di adozione della deliberazione l’ente non può emettere mandati a titoli diversi da quelli vincolati, se non seguendo l’ordine cronologico delle fatture così come pervenuto per il pagamento o, se non è prescritta fattura, dalla data della deliberazione di impegno». Su tale comma cfr. IDEM, “L’esecuzione forzata contro la pubblica amministrazione”, Milano, 2020 il quale evidenzia che “la disposizione — pur con una formulazione diversa — ha un contenuto e - a noi sembra - un significato analogo a quello veicolato dal comma 4 dell’art. 159 TUEL. Pertanto, anche prima della declaratoria giurisdizionale di nullità del pignoramento, il tesoriere non è tenuto a vincolare somme (nei limiti degli importi coperti dalla delibera periodica)".

[15] La Corte cost. 21 aprile 1994  ha affermato che «la evenienza che una esposizione debitoria particolarmente accentuata comprometta l'espletamento dei servizi essenziali dell'ente rende piena ragione della predisposizione di una procedura diretta al risanamento, e quindi alla normalizzazione finanziaria, dell'ente stesso, che, ancorché "dissestato", non può cessare di esistere in quanto espressione di autonomia locale, che costituisce un valore costituzionalmente tutelato; né tanto meno l'ente può essere condannato alla paralisi amministrativa per una adombrata (dal giudice rimettente), ma in realtà insussistente, intangibilità delle posizioni dei creditori. I cui diritti e segnatamente il diritto di iniziativa economica (art. 41 Cost.), non risultano d'altro canto affatto lesi, se si tiene conto che la procedura di liquidazione ex art. 21 cit. prevede la formazione della massa attiva, destinata a soddisfare i creditori, in termini più favorevoli di una normale procedura esecutiva individuale».

[16] Corte costituzionale, sentenza 7 novembre 2007, n. 364, in GC, 2008, I, 45; nonché in Foro It., 2009, I, 991, con nota di R. CAPONI, Giudicato civile e leggi retroattive. V. anche la successiva sentenza della Corte cost. del 12 dicembre 2012, n. 277 con riferimento ad una disciplina consimile relativa all’Azienda Sanitaria Ospedaliera "Ordine Mauriziano di Torino”

[17] Peraltro, a seguito delle modifiche operate ai sensi dell’art 6-bis del d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla l, dell’8 novembre 2012, n. 189, non potevano essere intraprese o proseguite azioni esecutive «anche ai sensi dell'art. 112 del codice del processo amministrativo», ossia in ottemperanza, così risolvendo una querelle giurisprudenziale. Inoltre, era stata prevista non più “la sola inefficacia dei pignoramenti e delle prenotazioni a debito operate nel corso delle procedure esecutive in questione e la assenza di vincoli sui beni bloccati, ma direttamente la loro estinzione di diritto e l’obbligo dei tesorieri degli enti sanitari di porre a disposizione «senza previa pronuncia giurisdizionale» le somme già oggetto di pignoramento… contenuti normativi che, sia pur nel medesimo senso orientati, estremizzano le soluzioni già presenti nella previgente disciplina” (così Corte cost., sentenza del 12 luglio 2013, n. 186)



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